Recepito dall’Inps l’aumento del 5,4% sull’anno precedente. E’ quindi possibile calcolare con esattezza una pensione con decorrenza 2024. I coefficienti servono per rivalutare le retribuzioni per la determinazione della base annua pensionabile delle anzianità anteriori al 31.12.1995 (31.12.2011 per chi ha 18 anni di contribuzione al 31.12.1995)
E’ finalmente possibile calcolare con esattezza l’importo delle pensioni con decorrenza nel 2024. L’Inps ha, infatti, aggiornato con messaggio n. 840/2024 i coefficienti di rivalutazione degli stipendi, quei valori che consentono di determinare, la media delle retribuzioni pensionabili percepite ai fini del calcolo delle quota degli assegni che sono ancora soggette al sistema di calcolo retributivo per i lavoratori iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e le gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) e le gestioni sostitutive della medesima (Ex-Inpdai, Telefonici, Elettrici, Volo eccetera).
Il calcolo retributivo, infatti, pur essendo stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 continua ad essere utilizzato per determinare le quote dell’assegno riferite ai periodi precedenti cioè per quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. E si basa principalmente su due elementi. Il primo è quello del numero degli anni di contribuzione unito alla media delle retribuzioni lorde aggiornate e riferite agli ultimi anni di attività. L’ammontare della prestazione pensionistica è pari al 2% del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni di contributi si ha diritto al 50% della media degli ultimi stipendi, con 35 anni di contributi si ha diritto al 70% sino a raggiungere l’80% con 40 anni di contribuzione. Le aliquote di rendimento diminuiscono poi gradualmente al crescere della retribuzione pensionabile.
La rendita è costituita dalla somma di due distinte quote, la quota A e la quota B. La prima corrisponde all’importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992; l’altra, la B, si riferisce alle anzianità acquisite dal 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 2011 (per chi può vantare almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) oppure sino al 31 dicembre 1995 (per chi vanta meno di 18 anni di contributi alla predetta data). Per i lavoratori dipendenti la base pensionabile della quota A è costituita dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza della pensione. La base pensionabile della quota B si determina invece dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni (520 settimane contributive) se il lavoratore è in possesso di almeno 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992 oppure dalla media degli ultimi cinque anni di retribuzione anteriori al 1993 più quelle percepite dal 1° gennaio 1993 sino alla decorrenza della pensione (se il lavoratore è in possesso di meno di 15 anni di contributi alla predetta data). In tabella i valori validi per il 2024.
Gli importi impiegati per il conteggio non sono però quelli effettivamente incassati nella busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell’inflazione ed escludendo l’anno di decorrenza e quello immediatamente precedente. Dopo due anni di inflazione galoppante (+8,1% nel 2022 e + 5,4% nel 2023) si registrano effetti particolarmente positivi. Per esempio uno stipendio di 30mila euro nel 2020 in pensione vale 34.830€ (cioè + 16%) se riferito alla quota A e ben 35.868€ (cioè + 19%) se riferito alla quota B di pensione.